Giovanna Ferro

Piscologa e Psicoterapeuta a Savona

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Amare troppo: dove si impara?

28 luglio 2017

Amare troppo: dove si impara?

E’ difficile far capire alle donne che cosa significhi esser incastrate in una relazione sentimentale inadeguata, solo perché si è state abituate male sin dall’inizio della propria vita. <Non crediate che la dipendenza relazionale non sia abbastanza grave da uccidervi. E’ una condizione che produce uno stress incredibile, e noi tutte sappiamo che lo stress può uccidere. Siate disposte a qualunque sacrificio per liberarvene. Si tratta di salvare la vostra vita> p.177*

<Nella storia familiare della dipendente affettiva viene fuori la bambina “tappezzeria”, invisibile agli occhi dei genitori, che non poteva esprimere i suoi bisogni , apparentemente sempre autosufficiente. Per quanto riguarda la relazione madre-figlia: madre non realizzata e insoddisfatta, infelice del suo rapporto di coppia; figlia spesso presa come confidente delle frustrazioni coniugali. Mamma incentrata sul suo dolore, che non riesce a pensare anche ai bisogni della figlia. Figlia che è costretta ad imparare a fare da sola, in più sente la sofferenza della mamma e cerca  di consolarla facendo la brava bambina.
Impara ad occuparsi e a pensare ai bisogni della mamma e a  soddisfarli.  Quando sarà più grande  si scontrerà con il papà per  dare alla mamma l’esempio di come reagire.
Rapporto padre figlia. Papà in prevalenza emotivamente distante, non ha troppo dialogo con la figlia, la cui cura lascia alla mamma. Essendo stato spesso il padre, un figlio profondamente privato di affetto e con carenze emotive, fa apprendere alla figlia un modello maschile freddo, problematico.

Anche con il padre questa figlia deve fare lo sforzo di “capire”  cosa pensa  e cerca di  prendersi cura di lui.  Sente che la mamma non lo capisce davvero, invece  lei si, saprebbe come calmarlo e guarirlo

La bambina si struttura attorno all’idea di dover capire i bisogni degli altri e soddisfarli. Nessuno la aiuta a capire quali siano i suoi bisogni e questo le impedisce di sviluppare un’autonomia  affettiva>Contenuti tratti dalle lezioni della dott.ssa MC.Gritti, Psicologa e Dottore di Ricerca in Scienze Umane.

Donne (queste bambine diventate grandi!) che funzionano sul lavoro, che hanno spesso una loro autonomia economica,  che crescono figli cercando di dar loro tutto quello di cui pensano abbiano bisogno  (scuola,  sport, attività ricreative), sino a quando ad un certo punto precipitano! Loro pensano di essere solo stanche, un pò di esaurimento, ma comunque è saltato un equilibrio che sembrava perfetto.

Le persone (familiari, amici, colleghi) che stanno loro attorno cercano di tranquillizzarla,  un po’ come fossero solo scivolate via da un binario;  qualcuno consiglia farmaci. Per fortuna o per caso nel mucchio c’è chi indirizza dallo psicologo: sempre molto tardi,  ma davvero si può dire meglio tardi che mai!

Il concetto più difficile da far passare é che devono prendersi tempo per loro. Ma io come psicologa sono la prima che introduce questo tema, nessuno ha mai pensato a loro, le ha mai considerate persone con bisogni ed interessi, sono cresciute con l’idea di non dover dare fastidio,  arrivano in punta di piedi in studio, quasi non trovano il tempo per una seduta perché hanno infiniti impegni. Dedicare del tempo a loro stesse non è previsto; spesso si giustificano dietro gli impegni dei figli. I figli rischiano di diventare come loro: perchè se una mamma non è  stata abituata a pensare a se come persona, come fa  a pensare ai suoi figli e più che altro abituarli ad aver cura di loro stessi? Questi figli rischiano paradossalmente di dover pensare alla mamma, a farla sorridere, a starle vicino…Così si ricade nel circuito.

Talvolta la psicologa sembra la strega cattiva che rompe un incantesimo destinato a durare per sempre.

Care donne, quando iniziate a stare male, a percepire dentro malessere,  anche se non volete farlo vedere agli altri,  però pensate a voi, fate qualcosa, non buttatevi solo ed esclusivamente sui farmaci.
Non pensate che un uomo possa  donare felicità perchè  voi non vi sentite capaci di niente
o meglio trovate valore nell’occuparvi anche dei capricci di lui.

<Imparate a vivere evitando di concentrarvi su un uomo come la fonte o la soluzione di tutti i vostri problemi> p.45*

 Non soffrite perché amate troppo, ma perché perdete la sfida di salvare quel preciso partener e quindi vi sentite incapaci e delle schifezze.

Dovete imparare a sperimentare un senso di benessere personale che non deve dipendere per forza dalla relazione, ma da voi stesse.

<Noi donne che amiamo troppo ci comportiamo come se l’amore ,la considerazione e la stima non valessero nulla,  a meno che non ci riesca di estorcerli a uomini che, per motivi e preoccupazioni personali, non sono in grado di offrirceli> p.19*

 A settembre organizzerò  una esperienza innovativa su questo tema in Savona. Seguitemi…

*.R.Norwood “Un pensiero al giorno (per donne che amano troppo)” Universale Economica Feltrinelli

Anche queste splendide foto mi sono state donate da Donatella Canaparo.

 

 

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