Giovanna Ferro

Piscologa e Psicoterapeuta a Savona

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L’uomo che aveva paura del buio

13 aprile 2017

L’uomo che aveva paura del buio

La paura del buio è una di quelle paure che ti accompagnano per tutta la vita, non solo perché fanno parte di quelle universali e primordiali; ma facendo leva su meccanismi innati e profondi, rischiano, se non sono ben gestite e riconosciute come tali, di lasciare il segno per tutta la vita. Inducono ogni volta ad attivarsi, anche in modo non troppo economico, per spegnere i picchi di angoscia che scaturiscono da ceneri apparentemente morte.

Questo uomo mi raccontò che da piccolo, verso i 7/8 anni, quella fase in cui lui bambino  voleva far vedere quello di cui era capace (si sentiva dei super poteri di decidere lui quello che poteva mangiare e quando giocare), la sua mamma un sabato a pranzo preparò il polpettone. Lui che in casa sua era considerato e definito il “più piccino che abbiamo in casa” si sentì tradito dalla mamma per la sua scelta culinaria. Come aveva potuto farlo? Lui non meritava quello, lui la adorava, sentiva di essere il preferito, improvvisamente era stato catapultato in pasto ai nemici senza armi per contrastarli.

Si sentì solo, molto solo, sua sorella gli sorrideva per sfidarlo, voleva capire come si sarebbe comportato…

Decise di non mangiarlo, la mamma lo spedì nello sgabuzzino sotto gli occhi complici del papà. Daniele capì di esser solo, non osò neanche protestare, se Lei , la mamma adorata, aveva deciso così, così doveva essere. Vi rimase tutto l’intero pomeriggio, senza fiatare. Anche la sorella lo lasciò da solo, anzi andò a giocare con gli amichetti in cortile.

La sera a cena la mamma non disse niente a Daniele, lo fece accomodare a tavola e visto il coraggio che aveva avuto non gli ripropose il polpettone. Daniele ebbe la sensazione (ancora oggi nel suo ricordo) che la mamma fosse fiera della sua resistenza. Ma dentro di lui porta ancora oggi la traccia di quel sabato lontano: la paura del buio. In casa sembra non essere capace di spegnere le luci di tutte le stanze, ne rimane sempre una casualmente accesa. Lui non lo aveva mia collegato al sabato nello sgabuzzino, ma una volta svelate le emozioni di quel particolare pomeriggio oggi riconosce che l’assenza di luce fa nascere dentro di lui il terrore di restare da solo, il pensiero che nessuno si occuperà più di lui, che verrà dimenticato…

Prima lasciava anche un timer collegato all’abat-jour per non veder il buio nella camera da letto prima di addormentarsi, da quando ha fatto pace in maniera spirituale con la madre, facendo riaffiorare in terapia il ricordo del polpettone spegne la luce prima di addormentarsi. Abbraccia la donna che ama  vicino a lui nel letto e dorme tranquillo tutta la notte.

Ci sono racconti, come questo di Daniele che ho riportato in parte in questo articolo,  che mi colpiscono per il contrasto che esiste tra il terrore originario scatenato da un evento di vita quotidiana, e la modalità che la persona si crea per contrastarlo. Molto spesso però le energie e l’impegno personale sono di gran lunga spropositate rispetto alla reale entità del fatto. Proprio in quel punto dovrebbe subentrare il bisogno degli esseri umani di essere coinvolti il più frequentemente possibile in relazioni soddisfacenti, che diano la forza, il coraggio e la grinta di affrontare tutti i tipi di difficoltà. Usando sempre la testa, ed imparando ad usarla sempre al meglio nelle sue infinite potenzialità di pensiero e di emozioni.

Ci sono favole che hanno instillato paure inutili in miliardi di bambini, o meglio hanno creato terreno fertile per far attecchire quelle innate, sfruttando la necessità di ricerca di protezione da parte dei bambini verso gli adulti. Non approvo molto questo stile di inventare storie, anche se le storie e i racconti servono per diventare grandi e per parlare di sé.

 

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