Giovanna Ferro

Piscologa e Psicoterapeuta a Savona

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Padre e figlio – nuova puntata

23 marzo 2016

padre e figlioDEFSi erano trasferiti da poco in città per seguire la carriera del padre funzionario di qualcosa all’interno della procura gli era sembrato di capire, aveva perso un anno di liceo per una qualche malattia per fortuna non grave ed era veramente in classe con la Titti. In città non conosceva ancora nessuno a parte i compagni di classe, Jimbo ascoltava intervenendo di tanto in tanto e intanto pensava che l’anno perso giocava tutto a suo favore, la Titti faceva la maturità quindi lei aveva quasi vent’anni e i suoi compagni di classe (che lui conosceva) gli dovevano sembrare “bambinelli” e lui con i suoi ventiquattro anni se li mangiava a colazione… benissimo…
Lei continuava a parlare, lui si perdeva volentieri nelle sue parole e nei suoi sguardi, la città intorno si muoveva con il suo ritmo naturale e i suoi suoni si fondevano con i colori di quel tardo pomeriggio stranamente caldo di Aprile…
-E tu, cosa fai…studi?
-Ingegneria gestionale…sono al…diciamo terzo anno…
Piccola bugia ma neanche tanto…forse avrebbe dovuto dire che sarebbe stato al terzo anno se avesse dato tutti gli esami invece che avere sul libretto un solo voto e per il resto…il vuoto…
Si avvicina al tavolo e prendendo il bicchiere in mano e comincia a centellinare il the freddo neanche fosse un cognac invecchiato
-E’ dura ma credo che sia una facoltà che possa offrire veramente delle buone opportunità una volta terminata…l’importante è applicarsi e crederci…anche se credimi quando ti dico che è veramente dura…
-Ci credo, io ho già il terrore di sbagliare facoltà l’anno prossimo, non voglio sprecare la mia vita…
Si lasciarono quella prima volta scambiandosi i numeri e i vari contatti sui social, poi si erano rivisti per qualche serata in casa di lei a guardare un dvd, due o tre aperitivi rigorosamente analcolici tra una giornata di studio e l’altra e due pizza&cinema che avevano un po’ smorzato l’entusiasmo di Jimbo anche perché i contatti fisici sia in giro che in casa sua erano praticamente inesistenti e lui si stava un po’ rompendo i coglioni di essere l’amico di una verginella bella ma repressa. A vent’anni la pazienza e il “sabato del villaggio” non sono mai andati d’accordo, lui non voleva conoscere la donna della sua vita se mai ne esisteva una, voleva solo divertirsi, corteggiare d’accordo ma poi bisognava “portare a casa il risultato” per decidere se valeva la pena continuare o era meglio lasciar perdere e dedicarsi ad altro. Erano la generazione del sesso facile no? I media non facevano altro che ripeterlo ed in effetti i sabato sera sembravano veramente un campo di battaglia. Ragazzine che si buttavano via al terzo vodka tonic, scopate veloci nei bagni dei locali ubriachi di tristezza e fatti come cavie da laboratorio, visi sconosciuti un attimo prima e un attimo dopo, mutandine nelle borsette e squallore al sapore di vino andato… vomito a sporcare i muri del retro dei locali, albe squallide al pronto soccorso con genitori increduli, pigiami sotto i cappotti e domande senza risposte perché non ci sono domande da fare quando un figlio confonde la voglia di crescere con la certezza di sbagliare…
Poi una sera come tante al ritorno da una pizza impersonale nel portone di casa della Franci e nascosti dalla cabina dell’ascensore, lei gli si era avvinghiata e l’aveva baciato con una foga incredibile. Sentiva il corpo di lei aderire al suo e cercare con movimenti sensuali del bacino la sua eccitazione che non aveva tardato a manifestarsi, incredulo ma non troppo aveva cominciato ad accarezzarla sulla schiena sotto la maglietta…niente reggiseno come al solito ma era troppo attaccata a lui e non riusciva ad accarezzarle le tette. Lei intanto con la mano era arrivata alla cerniera dei jeans, li aveva aperti.

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