Quell’atteggiamento da… vittimismo
Persona con cui la vita sembra essere stata totalmente malevola, con le spalle un po’ ricurve e quello sguardo che invoca commiserazione per il triste destino sopraggiunto
<Diffuso ben più di quanto pensiamo, il vittimismo esprime un modo immaturo, per lo più inconscio, di vivere le relazioni e di affrontare la realtà. Esso si innesca quando la persona sente di non poter sostenere il confronto in modo paritario. Proclamandosi vittima invece può ottenere molti vantaggi: indulgenza, ascolto, affetto, protezione. E se l’altro è uno che si sente facilmente in colpa, può dominarne le scelte e tenerlo letteralmente sotto scacco, anche per una vita. È così che la vittima a volte diventa il vero tiranno… > (https://www.riza.it/psicologia/l-aiuto-pratico/3352/il-vittimismo-chi-nasce-calimero-e-diventa-tiranno.html)
Mio caro signore o inizia a mettersi in discussione, ovvero affronta un percorso di psicoterapia psicologica, che contrariamente a quanto si pensi, e soprattutto rispetto a tanti tipi di terapia farmacologica, permette di riscoprire la propria storia personale, di liberarsi da pesanti condizionamenti della propria storia passata, soprattutto quella con la famiglia di origine;
oppure continuerà a vivere male, pensando che a lei la vita abbia riservato solo momenti tristi.
Non è che tutti debbano tornare a revisionare il loro passato a partire dall’infanzia come erroneamente pensano i profani nei confronti dei percorsi psicologi, è che anche il modo in cui si è cresciuti nella famiglia di origine va a condizionare la vita futura, in modo particolare le scelte della vita sentimentale (tematica cara agli esseri umani).
C’è la professoressa che è carinissima con i suoi allievi, è disponibile in tutti i modi a dar loro il suo aiuto, ma dovrebbe limitarsi ad entrare in contatto con loro senza debordare, perché quando parla delle sue vicende familiari non si rende conto che mette gli alunni in difficoltà. Questi ultimi che cosa ne possono se il suo matrimonio è andato a rotoli? possono loro valutare la relazione sentimentale tra lei ed il marito? c’è poi veramente bisogno nel corso delle separazioni avere il tifo da parte di familiari ed amici, di persone che si schierino? Non sarebbe più semplice che ciascuno riflettesse su di sé, affrontando magari un percorso di coppia, per capire come chiudere qualora non ci fossero altre possibilità, senza avere strascichi di rabbia acuta?
La signora che mai nel corso della sua vita è andata all’inaugurazione delle mostre di pittura dell’amico di infanzia del marito, perché francamente non si è mai interessata a lui, che pensando di fare dispetto al coniuge dopo ben 30 anni di matrimonio si presenta con aria dimessa, sguardo spento, look inadeguato per l’età, per colpirlo perché Lui è lì a presentare l’amico nella mostra estate 2019: ha sbagliato bersaglio! Lei vuole far vedere agli occhi degli altri che merita giustizia per avere sposato uno così. Non osa dire tutte le nefandezze che lei ha commesso nei confronti dei figli su cui ha riversato il suo malessere. Certo il marito avrebbe dovuto indurla a chiedere aiuto: ma come molti altri pensava che bastasse sposarla per affrancarla dal marchio di caos mentale con cui la sua famiglia di origine l’aveva bollata. Lei fa pure la scelta di comprare il catalogo per farselo autografare come sfregio (a chi poi?), non capendo che quella scelta avrebbe dovuta rivolgerla verso sé stessa, per acquistarsi una possibilità di cambiamento.
Vorrei che molte più persone si avvicinassero alla psicoterapia, vi assicuro che molti pregiudizi che ancora oggi circolano nei confronti della psicologia, e che sono difficili da eliminare, possono essere contrastati. Se avete bisogno di informazioni scrivetemi in privato a info@giovannaferro.it