Una sedia per il non detto
“Aggiungi un posto a tavola con i parenti per tutte le parole che non sono state dette” (La Stampa del 30/11/19 p.XI)
Non posso che trovarmi d’accordo come psicologa!
Una sedia per scendere dal piedistallo su cui ci siamo collocati, per crearci una realtà alternativa comoda e apparentemente protettiva, e tornare quindi nella realtà quotidiana di cui dovremmo fare parte.
Una sedia per i genitori che non riescono a dare autonomia ai figli, perché temono di restare soli ed hanno paura del loro vuoto interiore.
Una sedia al figlio per far capire alla mamma che lui una sua vita la desidera! senza dover temere la punizione che lei sembra volergli dare, quando lui esprime le sue preferenze.
Una sedia alla figlia per dire al papà che lei avrebbe tanto desiderato essere considerata capace come i suoi fratelli, invece di essere messa da parte.
Una sedia per confrontarsi con l’ex coniuge su quello che si è vissuto assieme, ma che ciascuno ha interpretato ed elaborato in base alla sua storia personale, per chiudere la relazione senza strascichi.
Una sedia nella stanza dello psicoterapeuta che invita a coinvolgere altri familiari, per parlare di quello che succede in casa.
Una sedia per tutte le vittime di violenza.
Una sedia per i figli delle vittime di violenza in attesa di essere riconosciuti in diritti che ad oggi nessuno ha loro mai concesso.
La sedia che rimarrà comunque vuota!
Tante sedie per questioni personali mai risolte:
per chi ha il coraggio di affrontare l’altro nella realtà senza accampare spiegazioni strampalate,
per chi ha la forza di accettare il fallimento nella sua vita e di uscire di scena,
per chi non si aggrappa a ruoli che hanno garantito una falsa esistenza,
per chi non è mai esistito,
per chi accetta che anche gli altri esistano,
per chi ha smesso di dare lezioni di morale agli altri,
per chi sa accettare la diversità,
per chi confonde l’altrui sicurezza con il suo vuoto interiore,
per chi sa piangere senza indossare maschere,
per chi non vuole fare finta di niente,
per chi preferisce fingere,
per chi non ci riesce …
(La foto è tratta dal film di E. Scola, La famiglia)